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Febbraio 3, 2021 wp_2375508

Spreco alimentare, “solo” 27 chili a testa per effetto del lockdown

Spreco alimentare, “solo” 27 chili a testa per effetto del lockdown
Gli italiani hanno buttato nel cestino l’11,78% di cibo in meno rispetto al 2019. In fumo 10 miliardi di euro, comprese le perdite in campo e nel commercio

Dal lockdown una lezione l’abbiamo imparata: mangiare in modo salutare, cucinare il cibo, utilizzando al meglio gli ingredienti a disposizione, sprecando il meno possibile. Che per gli italiani equivale nel 2020 a 27 chilogrammi di cibo a testa, circa 529 grammi a settimana, l’11,78% in meno rispetto al 2019. È quanto emerge dal report di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability (su rilevazione Ipsos), in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, che si svolge il 5 febbraio 2021.

Complessivamente nel 2020 equivalgono a 222mila le tonnellate di cibo “salvato” dallo spreco in Italia e un risparmio di 6 € pro capite, ovvero 376 milioni euro a livello nazionale, in un anno intero. Numeri che confermano quelli di una tendenza in calo negli ultimi anni del cibo, con dati in netto miglioramento.

Sprechi per 6,4 miliardi
I volumi complessivi in termini di valore restano ancora alti, anche per effetto della deflazione su alcuni cibi: vale 6 miliardi e 403 milioni di euro lo spreco alimentare domestico nazionale, e sfiora il costo di 10 miliardi l’intera filiera dello spreco del cibo in Italia, sommando le perdite in campo e lo spreco nel commercio e distribuzione che ammontano a quasi 3,3 miliardi. In peso, significa che nel 2020 sono andate sprecate 1.661.107 tonnellate di cibo in casa e 3.624.973 tonnellate se si includono le perdite e gli sprechi di filiera (dati Waste Watcher International/ Distal Università di Bologna per campagna Spreco Zero e rilevazioni Ipsos).

Più sprechi al sud e nelle famiglie numerose
La mappa dello spreco rivela che siamo più spreconi a sud, dove si getta il 15% in più di cibo e avanzi (circa 600 grammi a settimana) e nei piccoli centri, mentre si spreca meno a nord (- 8%, ca 489 grammi a settimana) e nel centro Italia (- 7%, ca 496 grammi settimanali). E sono le famiglie con figli a gettare più spesso il cibo: in media lo fanno il 15% in più dei single, che si scoprono più virtuosi e oculati, così come i cittadini dei centri urbani rispetto ai piccoli comuni. A sorpresa, meno si guadagna e più si spreca: il 38% di italiani che si autodefiniscono “di ceto basso / medio-basso” getta il 10/15% in più rispetto agli altri intervistati.

La lezione del lockdown
«Dalle loro case e dalle loro cucine, reduci dai mesi di lockdown e distanziamento, gli italiani lanciano un’Opa sul loro futuro – spiega l’agroeconomista Andrea Segrè, fondatore della campagna Spreco Zero e della Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare – La tendenza a una netta diminuzione dello spreco alimentare domestico, che a livello nazionale e globale gioca la parte del leone con un’incidenza del 60/70% sullo spreco di filiera, si conferma in questo primo scorcio del 2021. L’85% degli italiani chiede di rendere obbligatorie per legge le donazioni di cibo ritirato dalla vendita da parte di supermercati e aziende ad associazioni che si occupano di persone bisognose, in seguito all’aumento della povertà generato dalla pandemia covid 19».

Perché si spreca, in casa?
Ci dimentichiamo soprattutto di alimenti a ridosso di scadenza, che si deteriorano (46%), ma a volte capita che la frutta e verdura acquistate fossero già sull’orlo della deperibilità (42%) e i cibi venduti erano già vecchi (31%). Però si ammette anche di comprare troppo (29%) e aver calcolato male il cibo che serviva (28%).

E quali sono le conseguenze dello spreco? Gli italiani in questi mesi guardano innanzitutto al costo dello spreco, primo nefasto contraccolpo del cibo gettato per l’85% degli intervistati. Ma subito dopo il pensiero va al pessimo esempio nei confronti dei giovani e dei figli (84%) e all’immoralità di questo comportamento (83%), quindi si pensa allo spreco delle risorse vitali (80%) e alle conseguenze in termini di impatto ambientale e inquinamento (77%).

Strategie antispreco
Solo il 7,7% utilizza le app per il cibo last minute e il 3,2% per l’ortofrutta a ridosso di scadenza, con prezzi ribassati. Il 2,5% fa uso di piattaforme di scambio, il 3,4% utilizza app con ricette di riutilizzo e il 4,2% ricorre alle app di gestione ottimale del cibo e monitoraggio delle scadenze. Nel complesso la tecnologia sembra ancora impattare poco, rispetto alle strategie di ‘buon senso’ nella fase di acquisto e gestione del cibo: il 41% privilegia l’acquisto periodico di prodotti a lunga scadenza e quello frequente di prodotti freschi, il 39% si concentra nell’organizzazione del frigorifero/dispensa per scadenza dei prodotti, il 37% sceglie di acquistare prodotti in piccolo formato e più di 1 italiano su 3, il 36%, compila sistematicamente una lista della spesa basata sul menu settimanale.

Il ruolo del packging
Le funzioni del packaging in testa nel riconoscimento dei consumatori riguardano il carattere informativo rispetto alla scadenza (57,4%) e le modalità di conservazione del prodotto (43%). Seguono chiarezza, leggibilità e trasparenza delle informazioni (31,6%), ma anche dati sulle corrette modalità di conferimento in raccolta differenziata (28,6%) e presenza di un’etichetta che parli dell’impronta ambientale del pack stesso (28,1%). Lo studio rileva anche come più del 70% dei consumatori si dichiari disponibile a pagare di più per un imballaggio che consenta di conservare più a lungo il prodotto. «C’è ancora da lavorare sulla percezione da parte del consumatore quando si parla di pack come strumento che aiuta a ridurre gli sprechi – afferma il presidente Conai Luca Ruini. – Dobbiamo renderci conto che l’imballaggio protegge un prodotto alimentare lungo tutto il percorso che va dalla sede di produzione fino al carrello della spesa, non solo nei nostri frigoriferi».

FONTE: ilsole24ore

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